TECNICHE DI STAMPA

Stampa fine-art alla gelatina ai sali d'argento
Le stampe tradizionali in bianco e nero vengono definite alla gelatina ai sali di argento in quanto l’emulsione foto sensibile che viene stesa sul supporto cartaceo è costituita da gelatina, sali e piccolissimi cristalli d’argento detti alogenuri.
Questo tipo di stampa se realizzata su carta baritata è tuttora considerata tra le più pregiate.
Attraverso lunghi interventi manuali durante la fase di stampa all’ingranditore è possibile controllare ed ottenere la massima resa tonale da un negativo.
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foto: Enrica De Nicola

Emulsione alla gelatina d'argento applicata a pennello
L’emulsione fotografica solida viene resa liquida mediante riscaldamento onde permettere il prelevamento dalla bottiglia e l’applicazione sulla superficie prescelta.
Alla luce rossa della camera oscura l’emulsione viene applicata con un pennello morbido e piatto sul supporto prescelto precedentemente sgrassato e pre-trattato con colla di pesce.
Il materiale sensibilizzato viene lasciato essiccare in completa oscurità.
Successivamente viene esposto alla luce dell’ingranditore e trattato come normale carta fotografica.
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foto: Antonella D'Onorio De Meo

Cianotipia
La cianotipia è una antica tecnica di stampa che risale al 1842.
Produce immagini blu altamente stabili nel tempo.
Fu inventata dall'inglese Sir Jonh Herschel che studiò la sensibilità dei sali di ferro alla luce solare.
Si prepara la soluzione con citrato ferriammoniacale verde e ferricianuro di potassio.
Si stende la soluzione con un pennello sulla carta prescelta.
Una volta asciutto il supporto sensibilizzato viene posto a contatto con il negativo e esposto alla luce del sole in un torchietto.
Si forma l'immagine fotografica.
Lo sviluppo avviene magicamente in acqua corrente.
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foto: Antonella D'Onorio De Meo

Van Dyke
L’antica tecnica di stampa Van Dyke risale alla meta’ dell'800 e produce immagini brune.
Prende il nome dalla somiglianza del colore che produce al pigmento marrone utilizzato dal pittore fiammingo Van Dyck famoso per i toni bruni dei suoi quadri.
Si prepara la soluzione sensibilile con citrato ferriammoniacale verde, acido tartarico e nitrato d'argento.
Si stende la soluzione con il pennello sulla carta cotone prescelta.
Il negativo viene posto a contatto con la carta sensibilizzata in un torchietto ed il sandwich esposto alla luce solare.
Il tempo di esposizione dipende dalla quantità dei raggi UV del sole.
Si sviluppa l'immagine in acqua e si fissa in un bagno di iposolfito di sodio.
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foto: Beatrice Banditelli

Carta salata
La carta salata è il nome con cui si designa un antico procedimento fotografico di stampa inventato da William Henry Fox Talbot nel 1833 circa.
Il nome generico con cui viene indicato questo processo deriva dal fatto che i fogli di carta vengono intrisi di un sale, tipicamente cloruro di sodio (normale sale da cucina).
Dopo la salatura la carta viene sensibilizzata con il nitrato d’argento.
Il negativo viene posto a contatto con la carta in un torchietto ed esposto alla luce del sole.
Si può controllare lo stato della stampa interrompendo il processo quando si ritiene di aver raggiunto l'annerimento giusto.
L’immagine che si forma al cloruro d’argento viene poi fissata in un bagno di iposolfito di sodio.
La carta salata è stata una delle prime carte sensibili usate per riprodurre una fotografia dal negativo.
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foto: Antonella D'Onorio De Meo

Stampa al palladio

La stampa al palladio e/o platino è un processo fotografico in grado di restituire la più ampia gamma di tonalità che si possa realizzare con uno sviluppo chimico;
Si usano sali di palladio in combinazione con ossalato ferrico.
E' la più nobile tra le tecniche antiche di stampa.
Alle caratteristiche estetiche dei chiaroscuri e dei neri profondi si aggiungono le doti di persistenza archivistica.
Le stampe al palladio e/o platino hanno una durata pressoché illimitata nel tempo.
Questa tecnica è considerata il punto di arrivo qualitativo nella stampa fotografica in bianco e nero.
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foto: Luca Cappellaro

Stampa alla gomma e diazo

La stampa alla gomma e diazo è la versione contemporanea dell'antica tecnica di stampa alla gomma bicromata.
Si utilizzano: la gomma arabica, i pigmenti dei colori primari e il diazo (Diazodifenilammina) come sensibilizzante.
La gomma è pressoché incolore, viene quindi addizionata a pigmenti colorati.
Si preparano i negativi di selezione, uno per ciascun colore (ciano, magenta giallo e nero) e si stampano a contatto per passaggi multipli sulla carta emulsionata.
La tecnica si basa sulla caratteristica della gomma di diventare insolubile se esposta alla luce ultravioletta con un sensibilizzante.
L’insolubilizzazione prodotta dalla luce permette di spogliare selettivamente per semplice immersione in acqua, le zone esposte restano aderenti al foglio di supporto, quelle non esposte vengono rimosse dal lavaggio.
Per sovrapposizione di stesure di pigmento, gomma e sensibilizzante la stampa si arricchisce in dettaglio e profondità.
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foto: Antonella D'Onorio De Meo

Stampa lith
La stampa lith è una tecnica alternativa di stampa chimica per il bianco e nero che utilizza comuni negativi , un’adatta carta fotografica ai sali d’argento e uno sviluppo lith ad alto contrasto da cui il processo prende il nome.
Il negativo deve essere fortemente sovraesposto sulla carta fotografica e lo sviluppo lith deve essere molto diluito nella soluzione di lavoro.
Lo sviluppo così formulato impiega anche più di mezz’ora per rivelare l’immagine quando nella stampa convenzionale lo sviluppo dell’immagine avviene in due minuti circa.
Il risultato finale della stampa in termini di contrasto, grana, texture e tonalità è influenzato da diversi fattori quali l’esposizione, il tipo di carta, la diluizione e la temperatura dello sviluppo.
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foto Valeria Accili

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